163 secretario dell’ ambasciatore che colà recavasi egualmente quasi fosse per orare. Codesta regolare frequenza de’ due personaggi sempre nella stessa cappella fu notata da uno dei frati, il quale andato sul luogo prima che il secretario venisse, raccolse le polizze e le portò al doge. Convocato prontamente il Pregadi, non mancò d’intervenirvi Braga-dino, cui fu dato a scrivere certo biglietto, e confrontato il carattere, e trovatolo uguale, gli furono spiegate innanzi le polizze raccolte ai Frari. Egli tutto smarrito esclamò : son degno di morte. Condotto in prigione, tutto confessò (1), e fu impiccato fra le due colonne ; il suo complice Giovanni Minotto, che avea dugento scudi il mese da Spagna, fu condannato a vent’ anni di carcere forte. Divulgatasi la cosa, l’ambasciatore spagnuolo non poteva più convenevolmente restare al suo posto, e fu richiamato, nè alcun altro fu nominato per qualche tempo a surrogarlo. Nel prender commiato dal doge il 14 novembre 1620, questi gli disse con significanti parole : mantenere la Repubblica sempre le stesse buone disposizioni verso il suo signore, ma desiderare veramente che fossero levate tutte le gelosie, e di vedere questi ministri quieti, augurandogli del resto buon viaggio. Al che replicò l’ambasciatore : « Io posso dire alla Signoria Vostra che io posso continuare bene li miei uffici che sono sempre stati nella sostanza detta, e quanto a’ suoi ministri io non so vedere se poteva stare più quieto di quello sono stato » (2). Il veleno serpeva in tutte le classi della società. Un Giovanni Fatò nativo di Venezia, ma di padre cipriotto, già cancelliere del capitano generale Venier, poi bandito per gravi colpe, erasi recato a Napoli, ove il Senato racco- (1) Cod. MDCLXIV e Sivos. (2) Esposizioni principi all’Archivio generale.