458 colle mani la terra e a forza di braccia la portavano lontana. Si contendeva pertanto per ogni palmo d’ arena, ed essendo le guardie da una parte e dall’ altra sì vicine, non solo combattevano, corpo a corpo, ma si aggrappavano a vicenda, si trascinavano ne’ propri ridotti. E ben si vide quanto possa la pertinacia ed il lavoro di molte mani, che il bastione fu quasi del tutto demolito, e più non restava se non una stretta striscia di terra, e quella ancora ferocemente disputavano i difensori che più volte respinsero i Turchi, e poi costretti a lasciarla la fecero saltare in aria. Ebbero a piangere i Veneziani molte morti, quella principalmente di Caterino Cornaro che mentre il 13 di maggio stava ordinando, secondo il solito, alcune cose per la difesa, fu colpito dallo scoppiare d’una bomba e cadendo tra le braccia degli assistenti, ancora morendo raccomandava la difesa del s. Andrea. Arrivavano in buon punto alla metà di giugno i soccorsi francesi e veneziani, ma colla solita impazienza francese volle anche il Noailles, malgrado l’esempio precedente del duca della Feuillade, che si facesse una sortita senza neppur attendere l’arrivo del resto delle truppe. Si opponevano il Morosini e lo stesso conte di Monbrun, ma 1’ ostinazione del Noailles e del Beaufort la vinse, e con seimila uomini a piedi e settecento a cavallo uscirono nella notte che precorse il 25 di giugno dalla porta di Sabbionara. « Passava concerto, così racconta il Nani 1’ avvenimento, che quanto fossero i Francesi alle mani col-l’inimico, il sergente generale Chimensech uscisse lungo il mare, et attaccasse le batterie che infestavano la porta et il fianco della Sabbionara, e che le galeazze battessero il posto del Lazaretto, e le navi i quartieri dalla parte del Gioii ro ; ma come l’impiego dell’armata, sempre incerto, fu al-1’ hora impedito dal vento, così si scusò il Chimansech dalla sortita, perchè nel tempo di farla ritornarono indietro