26 per la conservazione di quelle scritture, con manifesto disprezzo della pubblica autorità (1). Per le quali colpe tutte gravissime, il Consiglio con undici voti decretava che al detto canonico venisse intimato di presentarsi alle prigioni de’ Dieci, procedendosi altrimenti come di consueto. Non era ancor terminato il processo del Saraceni, che altro atto di accusa veniva presentato al Consiglio dei Dieci dal conte Anton Maria Brandolino contro suo nipote abate Marcantonio Brandolino di Narvesa imputato di omi-cidii, truffe, strupri, violenze d’ogni sorta sopra i suoi dipendenti (2). Scriveva quindi il 15 settembre 1605 al Consiglio, al podestà e capitano di Treviso (3), mandando copia di quell’ atto e incaricandolo di formare diligente processo col rito del Consiglio de’ Dieci e riferire il risul-tamento ai Capi. Le informazioni però che vennero da quel magistrato erano di natura tanto atroce, che il Consiglio stimò opportuno il 10 ottobre (4) di assumere direttamente anche questo caso, e fatto tradurre il Brandolino alle carceri di Venezia si procedeva colle solite forme, a tenore delle Bolle dei papi Gregorio XII, Paolo II, Sisto IV, Innocenzo VIII, Alessandro VI, Clemente VII, Paolo III, e di quanto in altre occasioni si era praticato (5). Alla notizia di codesti avvenimenti, il Cardinal di Vicenza (Giovanni Delfino) facevane qualche rimostranza al-1’ ambasciator Nani a Boma, e scrivevano direttamente al doge (6) pregando con modi assai cortesi che il caso del Saraceni fosse rimesso al foro ecclesiastico. Dal contesto della (1) Cons. X, Criminal. (2) Commemoriali XXVII, p. 37, t.° (3) Cons. X, Criminal, p. 40. (4) Ib., p. 48. (5) Tutte queste bolle si leggono in Galliccioli V, 293 e seguenti. (fi) Mutinelli, Storia arcana e aneddotica t. Ili, p. 43, 44 ove si legge la lettera.