71 insorte tra cittadini e vescovi, dando disposizioni e regolando la politica amministrazione, della quale facea parte appunto il volere che le appellazioni andassero a Venezia e non ad alcun altro principe o magistrato. Lo stesso papa Paolo dovette alfine convincersene, e sebbene non venisse ad una solenne definizione, si tacque, quando i procuratori soliti eleggersi annualmente dai Cenedesi si recarono a prestar giuramento a Venezia (1). •Ma codesta quistione di diritto tra la Repubblica e la Santa Sede era tal viluppo da non finirla mai, ed appianata appena una controversia, tosto un’altra ne sorgeva. Rimasta vacante per la morte dell’ abate 1’ abazia della Vangadizza nel Polesine, pretendeva il papa investirne un suo nipote Paolo Scipione Borghese, si opponeva il Senato perchè a tenor delle leggi della Repubblica i benefizii dello Stato non potevano essere conferiti che a cittadini, e facevane lagnanze al nunzio sostenendo le ragioni di quei frati che di-ceano spettare ad essi la nomina (2). Scriveva in pari tempo all’ambasciatore a Roma non intendersi fare con ciò un insulto al papa o dar segno di diffidenza al suo nipote, ma vole-vansi tutelare iproprii diritti e quelli dei frati Camaldolesi, e dare soddisfazione agli stessi abitanti del Polesine che aveano perciò mandato un ambasciatore a Venezia (3). La cosa fu a lungo agitata, l’ambasciatore di Francia a Roma intromise la propria mediazione (4) e finalmente fu concluso che il Borghese rinunzierebbe al titolo, ma si godrebbe una pensione (5), eleggendosi ad abate Matteo Priuli figlio del senatore Antonio. L’istruzione a Giovanni Mocenigo che an- (1) Morosini Storia veneziana F, 154. (2) 10 Genn. 1608/0 Deliberazioni Roma. (3) 13 Genn. ib., p. 53. (4) 21 Febb. ib. (5) Primo Agosto 1609 ib., p. 34.