340 il possesso della quantità di terreno, a lui veramente ceduta. I giudici, che secondo questi documenti, pronunziavano allora sentenza, coll’ intervento del doge e del popolo, si dicevano Giudici del Comune o della Terra (1), forse ancor tolti dalle antiche famiglie dei Tribuni, più pratici, per lungo esercizio, delle leggi. Troviamo menzione altresì di Giudici che il doge mandava nelle isole e terre soggette ad amministrare la giustizia, in luogo degli antichi Tribuni, e chiamati talvolta anche ad imitazione dei Longobardi col nome di Gastaldi. In progresso si nominano anche giudici di Palazzo e della Corte del Doge, che formarono il Magistrato del Proprio, primo tribunale permanente del foro veneziano. Spettava a questo riveder le ragioni di quelli che morivano senza testamento, fuor dello Stato, giudicare le vertenze tra commissarii testamentarii, far restituire alle vedove la loro dote, pronunziare interdetto per legge, dar corso ai chiamori (richiami) circa a’ lavori degli stabili, ascoltando le differenze per ricevere o rispingere 1’ accusa ecc. (2). Nessuna traccia dunque si riscontra in Venezia di Giudizii di Dio e di Duelli giudiziali, nessuna esenzione del clero dal foro secolare pei delitti comuni. Esso non formava, nel temporale, alcuna casta separata: interveniva col resto della popolazione ai giudizii e alle concioni : occupava impieghi politici, traevansi dal suo corpo notai ed (1) Muazzo. Discorso del Governo antico della Rep. Ven. alla Marciana. Cod. DCXCVII, cl. VII it. (2) Sanudo, Dignità degli offici di Venezia. Codice DCCLXI cl. VII it., Raccolta Contarini alla Marciana. E’ curiosa l’interpretazione data dal Tentori, t. Ili, p. 272, e da tutti quelli che finora ciecamente lo copiarono, alla voce chiamori, come significasse stabilì. Il passo di Sanudo non lascia dubbio : dando chiamori sopra laorieri di stabili ed aldir le differentie, fanno sententie in evacuar ovver tenir fermo il chi amor.