314 truppe. Era la fine di luglio, quando la flotta, condotta dallo stesso doge Selvo, entrò nel porto detto Pallia a tre miglia da Durazzo, e preso ad esaminare il sito e ben esplorato il terreno ed il campo nemico, furono nei modo più opportuno disposte le forze. Durazzo, ben fortificata, era bravamente difesa da Giorgio Paleologo, ed ora vedendo aggiungersi il soccorso veneziano, Roberto volle tentare se potesse ritrarre il doge dall’ impresa. Gli mandò quindi il figlio Boemondo con proposizioni di pace, eccitandolo a riconoscere uno suo preteso imperatore Michele, che pel fatto altro non era se non un monaco greco, ed a tarsi, come ei diceva, sostenitore del giusto e dell’ onesto, abbandonando la causa dell’ usurpatore. Gli apparecchi non essendo per anco terminati, e sopravvenuta una bonaccia che impediva alle navi il libero movimento, il doge pensò di tenersi sulle generali, e il principe fu invitato a tornare il domani per la risposta. Intanto, nella notte, tutto fu movimento nel campo veneziano : le navi grosse furono rimurehiate dalle minori, e queste e quelle acconciamente disposte e legate insieme per opporre una linea insormontabile al nemico (1); si costruirono torri intorno agli alberi e a questi furono appesi con catene e grosse funi alcuni palischermi pieni di frombolieri ed arcieri, onde potere dall’ alto saettare il nemico, il quale entro a ben munite linee dalla parte di terra e colla sua flotta da quella del mare cn’condava la città. E si prepararono altresì certe travi ferrate, che alzate e abbassate per forza di macchine, servir doveano a conquassare coi loro colpi le navi normanne. Quando adunque Boemondo si presentò di nuovo al campo veneziano non potè astenersi di (1) Gautier d’Aro. osserva a questo proposito : cette tactique encore en usage de nos jours, était déjà celle des Vénitiens.