28a manzi storici dei secoli avvenire faccia la storia, poniam caso, de’ nostri teatri ; e quando dopo aver narrato per quanti gradini si scendeva nel-1’ atrio, quante persone, salvo errore^ vi entravano, quanti grifi, o quante corone v’ erano intorno dipinte, quali erano i nomi, il viso, e le vesti dei portinai, degl’ illuminatori, e simili, secondo l’evidenza dimostrativa del genere, si farà a parlare poi de’ nostri balli, temo forte che il povero autore non sarà per nulla creduto. Come! gli uomini dell’8oo eran sì vaghi di contorsioni e di attucci, che si sollazzavano a veder certe genti, con. certe vesti a non far altro che scorrazzare e agitarsi per due o tre ore su e giù per le scene ? Oh ! il bel vedere cento o cento cinquanta persone, donne, uomini, soldati e fanciulli, fare insieme quasi all’ esercizio, ed esser mossi tutti a tempo da un sol desiderio, da un medesimo sentimento, cosicché se un leva le braccia e tutti gli altri le levano, o le abbassa-, no se quegli le abbassa, appunto come le pecorelle di Dante che ciò che fa la prima e l’altre fanno ! E il medesimo passatempo si rinnovava spesso per venti o trenta e forse trenta e quaranta sere, tal che uno poteva chiuder gli occhi o rimanere a casa e tanto assistere allo spettacolo, guardando all’orologio. Ecco per esempio alle nove e mezza Gugliemo Teli spezza la spada