272 Altri patti commerciali strinse il doge Orseolo col vescovo Siccardo di Ceneda e con quello di Treviso. Ottenne dal primo nel 997 in affitto la metà del castello e del porto detto di Settimo, posto vicino alle lagune di Caorle sulla Livenza, ove concorrevano gli abitanti di Oderzo, Ceneda e Feltre, non che i Tedeschi, che scendevano per 1’ antica via germanica concordiense. Cedeva il "Vescovo quel luogo con tutte le sue pertinenze, case, cascine, orti, ortaglie, campi arativi, vigne, prati, stalle, selve, boschi, cacciagioni, pescagioni, tagli di legname, ecc., con ogni diritto, pensione ed esazione spettante alla mensa vescovile, la quale avea quind’ innanzi ad essere rappresentata dal doge. Assumeva questi all’ incontro l’obbligo di pagare annualmente al vescovo e a’ suoi successori sessanta libbre d’olio ; la locazione avea a durare ventinove anni con facoltà al doge di rinnovarla; ai quali patti se il vescovo mancasse avrebbe a pagare dieci libbre d’ oro, se il doge, il doppio censo dell’olio. Nel 1001, morto il vescovo Siccardo, il suo successore Grauso non solo confermò il precedente patto, ma concedette ai Veneziani altresì il porto Villano, che forse stava sul Lemene, coll’obbligo di altre libbre sessanta d’ olio da contribuirsi annualmente alla chiesa di s. Tiziano. Impegavasi inoltre il vescovo a guarentire la sicurezza dei mercanti veneziani, promettendo che quando venisse loro usata qualche violenza, egli ne farebbe pronta giustizia, come dall’ altro canto potrebbero i Cenedesi rifarsi col diritto di rappresaglia delle violenze che avessero a soffrire da parte dei Veneziani e delle qualli nello spazio di trenta giorni non avessero avuto soddisfazione. Le quid sibi utile videtur faciendi remota omnium nostrorum fidelium con-tradictione vel molestatione. Docura. nel Trevisaneo, enei Pacta Venetor, nell’Arcliivio di Casa, Corte e Stato a Vienna colla data kal. maji 996. Ind. IX,