133 rono per modo che il doge Giovanni, colta opportuna occasione, fece allestire una squadra di navigli armata (1) e la mandò con Maurizio a Grado ad abbattere il patriarca. Maurizio invase con furore la città, nell’aspro combattimento il patriarca rimase ferito e preso, poi fa gettato da un’ altissima torre del suo palazzo (2). Il fatto era orribile ; tutti gli animi ne rimanevano commossi ; ma tanto ardimento nei dogi, 1’ apparato pubblico con cui mandarono ad insignorirsi della persóna del patriarca, l’ostinato combattimento succeduto, provano abbastanza che ragioni più gravi e decisive mossero i dogi a quella determinazione, e non soltanto una particolare vendetta pei rimproveri, che il prelato ad essi faceva della pessima loro condotta. E codeste ragioni sono a cercarsi appunto nella opposizione dei partiti che allora esistevano tra i Veneziani, e nella prevalenza di quello favorevole ai Greci (3). Fosse poi che Giovanni e Maurizio, scorgendo segni di generale scontentamento pel commesso delitto, si decidessero a dare una qualche soddisfazione al partito dell’ ucciso patriarca, o che tal concessione fosse loro strappata dalla forza delle circostanze, fatto è che nominarono successore ad esso patriarca un suo nipote di nome Fortunato, suddito dell’ impero occidentale, uomo di grande ingegno, ma altrettanto scaltro e raggiratore, il quale dissimulando, attendeva dal tempo l’opportunità di vendicarsi e di recare ad effetto i suoi malvagi disegni. (1) Clini navali exercitu. Sagorn. (2) Per hos dies Johannes dux sumpta occasione Maurìtium fìlium suum cum navali apparatu Gradum misit, ut Johannem patriarcham interficeret. Mauritius autem cum furore civitatem invasit, in qua invasione patr. captus a Venetìs graviter vulneratus est, et de turri altissima palatii sui ad imu dejectus expiravit. Dand. (3) Nell’ep. di Leone III a Carlomagno, parlando della fuga di Fortunato : Propter persecutionem graecorum seu Veneticorum exul esse di-gnoscitur. Baronio, t. XIII, p. 389.