211 proposta e continuarono ad inseguirli fino alla Brenta, ove stanchi e rifiniti, gli Ungheri misero innanzi un altro partito, cioè lasciar tutti i prigionieri, le robe, le armi, i cavalli, riserbatone solamente uno per uomo onde potersi tornare a casa, promettendo non venire più in Italia durante la vita loro, e pronti a dare per sicurtà tanti statichi, quanti i Lombardi stessi volessero. Ma le umili proposizioni non fecero se non vieppiù insuperbire. Berengario, il quale ad ogni condizione rifiutandosi, mise gli Ungheri nella necessità di provvedere da sè ai casi loro. Accesi d’indicibile furore, ripassarono il fiume e fatto impeto improvviso negli alloggiamenti delle genti italiane, già tra loro discordi e gelose, ne fecero orribile scempio, e « le forze di mezza Italia furono vinte prima che viste, prima rotte che tocche, e prima annullate che tentate da uno esercito molto minore, per lo aver caro il male del vicino e non volere tra loro ajutarsi » (1). Gli Ungheri si voltarono quindi a predare il paese uccidendo le persone, ardendo le ville, abbattendo le chiese, rovinando le castella, tanto che dappertutto non vedovasi se non desolazione. E berfchè le città forti fossero insuperabile barriera per essi, mancanti com’ erano di macchine ossidionali, pure si erano determinati a tentare la presa di Milano, e già volgevansi a quella parte, quando, udite delle ricchezze delle isole veneziane, deliberarono di gettarsi su quelle non per anco tocche nelle loro precedenti invasioni. La vicinanza di sì feroci nemici avea già sparso lo spavento nelle lagune, ed il doge Pietro Tribuno diede opera a ben munire le fortificazioni che già vi erano o ad erigerne di nuove. Dalla parte di mezzogiorno Capodargine era, fino dal tempo dei tribuni, un castellò eretto a frontiera dello Stato ; altro castello avea fatto costruire Teoda- (1) Giamb. St. d’ Eur. 1. II.