295 l’ardito pensiero di cingere la corona d’Italia, e sottrar questa alla dipendenza dei re germanici. Fin da principio però venne a mancargli la generale adesione, ebbe a nemici varii vescovi della Marca stessa d’Ivrea, il conte Tedaldo di Modena, i vescovi di Brescia, Vercelli, Modena, Ravenna ed altri, nonché la Marca veronese fedele nella devozione all’ imperatore. Enrico, trattenuto nel primo tempo del suo regno, dalle cose germaniche, non potè inviare in Italia se non un debole corpo d’ esercito, che scese lungo l’Adige ; ma Arduino, fattosegli incontro, occupò le Chiuse, penetrò fino a Trento nel Tirolo, poi battè i Tedeschi presso a Verona, e già pareva il trionfo accompagnare la sua impresa, quando il conte Tedaldo, avo della còntessa Matilde, e 1’ arcivescovo di Milano, temendo per la propria indipendenza, si diedero a sollecitare più che mai la venuta di Enrico. Questi scese difatti in Italia nel 1004 ; Arduino, veduto tornar vano ogRi sforzo per chiudergli i passi, si era ritirato sui monti, ed Enrico giunse ' per Brescia e Bergamo a Pavia, ove fu accolto trionfalmente e ricevette la corona d’Italia. Contento del nuovo titolo, tornò quindi in Germania; ma appena si fu egli allontanato, che Arduino ricomparve con nuove forze e con maggior fervore dei popoli esasperati dalle violenze dei Tedeschi. Già avea di nuovo esteso il suo dominio sul Piemonte e Monferrato fino a Pavia, quando Enrico nel 1013 tornato in Italia, vi fece di nuovo trionfare- le armi imperiali, e proseguendo il suo viaggio fino a Roma, vi cinse la corona imperiale. Arduino 1014. si sostenne ancora per qualche tempo ; alfine vedendo la sua causa disperata, si ritirò con improvvisa determinazione nel chiostro di Fruttuaria e colà chiuse da monaco i suoi giorni. Codesta lotta però di Arduino contro il re germanico non passò senza durevoli conseguenze : ingeneravasi un fermento nei nobili minori contro i maggiori, dei cittadini contro i no-