108 elezione venne riunito il potere civile e militare in una sola mano, ciò forse richiedendo la condizione delle cose, già intorbidate per le fazioni e le guerre insorte nell’ interno, ai tempi ancora di Paoluccio. Alle quali ora si aggiunse il rinnovamento delle ostilità da parte del patriarca d’Aquileja, Sereno, sostenuto da Liutprando re dei Longobardi. Troppo cocevagli lo sminuimento avvenuto alla giurisdizione aquilejense per la confermata sede di Grado, e benché questa già da oltre centotreiit’ anni esistesse, la gelosia di vantati diritti, la vicinanza delle possessioni facevano a quel patriarca prendere le armi, correre in su quel di Grado e devastarne le terre. Avrebbe forse il doge Marcello potuto respingere le soldatesche e tutelare il patriarca gradense Donato, ma un tal passo poteva tirargli addosso una guerra coi Longobardi od almeno privare i Veneziani di tutti i privilegi ottenuti da Paoluccio, perlochè facendo tacere innanzi a questa considerazione il suo giusto risentimento, si limitò a ricorrere insieme con Donato a papa Gregorio II. Ne scrisse questi molto risolutamente a Sereno, intimandogli di non attentarsi ed invadere alcuna parte del territorio appartenente alla giurisdizione di Grado (1). Un’ altra lettera in pari tempo diresse a Donato, a Marcello e al popolo di Venezia e dell’Istria partecipando loro la sua volontà (2). Quietarono quindi per allora le ostilità, ma poco appresso si l'innovarono, e neppur valse a por termine alle aquileiensi (1) Gregorius servus servorum Dei, dilectafratri Sereno, ete. Nunc vero ut cognovimus, Gradensis patriarchae niteris pervadere jura, at-que ex his quae possidet, mine mque usurpare. Ne ergo in quoquam e-xistas temerà tor, ex apostolica auctoritate praecipimus, ne itilo modo ter-miitòsabeospossessos excedas ecc. (Sacr. Conc. magna Collectio Labbei.) (2) Dand. Olir. — E nella Collez. Labb.: Gregorius, ecc. Dilectis fra-tribus, Donato patriarchae et episcopis et Marcello duci et plebi Venetiae et Istriae .... cui (Sereno) 'e.tiatn inpraesenti ne attentet ex auctoritate apostolica interdiximus.