248 una nuova prova di quanto possano anche sopra un popolo degenerato la saviezza e l’ingegno d’un abile regnante. Ai disegni di Tzimisce sull’ Oriente va annessa 1’ ambasciata da lui spedita a Venezia, altamente lagnandosi del commercio che i Veneziani facevano coi Saraceni, cui fornivano perfino armi e legname da costruzione. Raccolta quindi 1’ assemblea popolare (971), con intervento del patriarca e dei vescovi, fu in quella esposto come i legati dei Greci erano venuti con terribili minaccie dichiarando, che se i Veneziani avessero continuato a trafficare coi Saraceni a danno dell’ impero, quante navi avessero incontrato cariche di ferro od altro materiale da guerra, tante avrebbero bruciato insieme col carico e coll’equipaggio; che conveniva perciò mettere pronto riparo al disordine, e tor via un peccato che meritava i castighi divini e rendeva obbrobriosa la nazione. Allora tutti giurarono per sè stessi e pei loro successori di non portar più ai Saraceni armi, legname da costruzione, armature, ferro, nè quanto servir potesse ad uso di guerra, sottoponendosi in caso di trasgressione all’ ammenda di cento libbre d’ oro e, non potendo pagarlo, alla perdita perfin della vita. Fu però permesso di portare ai porti della Siria, di Egitto e dell’Africa tavole di frassino di certa misura, catini, tazze, scodelle di legno, tazze di pioppo bianco ; come altresì fu data licenza a tre navigli già caricati per Tripoli e Mogadin nell’Africa di eseguire il loro viaggio, sempre però con osservanza della legge testé fatta. Questo documento ci porge altra testimonianza della frequenza de’ traffichi de’ Veneziani coll’Oriente ; ci dà a conoscere come, non ostante le guerre che allora facevano i Saraceni in tutta Europa, i Veneziani passavano con essi di buon accordo, e con una politica egoistica, qual è quella delle nazioni eminentemente commerciali, non vedevano più in là di quanto chiedevano i loro interessi ; ci porge in fino