132 sa famiglia la prima dignità dello Stato, dava altresì tanto maggior motivo d’invidia e di gelosia alle altre ; onde non di rado vedremo in appresso seguire da ciò gravi disordini. Ed altri se ne andavano preparando e gravissimi dal-l’estendersi che facea sempre più il partito dei Franchi nelle Isole, animato dal prestigio del nome del grande imperatore e dalla considerazione dei maggiori vantaggi commerciali che avrebbero potuto derivare dall’ averlo a-mico e protettore, anziché sfavorevole, a causa degli antichi legami della repubblica coll’ impero greco. Così durante queste agitazioni non ancora prorotte a fatti manifesti, moriva il doge Maurizio succedendogli il ^Gaibajo* Giovanni. Questi propendeva per Costantinopoli, d°8®g^m- mentre il patriarca, che pur chiamavasi Giovanni, di nazione triestino od almeno, per certo, suddito dell’ impero, inclinava manifestamente a Francia; onde discordie, sospetti ed infine orribili casi. Rimasto vacante il vescovado di Oli-volo nel 797, il doge ed il figlio Maurizio, associato già al governo, vi nominarono un giovane greco per nome Cristo-foro, mentre invece il partito contrario eccitava il patriarca a rifiutare la consacrazione. Quelli che favorivano il doge e l’impero orientale dicevano tracotante il patriarca, schiavo dei Franchi, i quali meditavano la ruina dei Veneziani, come chiaro mostrava la flotta, che correva voce, re Pipino disegnasse far costruire a Ravenna ; già essere i Veneziani esclusi dal commercio nella Pentapoli ; già essere in pericolo, per un partito favorevole allo straniero, le nazionali libertà. Gli altri all’ incontro tacciavano i dogi di violenza, di rotti costumi, di ambizione smisurata, per cui col mezzo del loro vescovo greco tendevano soltanto a dominare la patria da assoluti signori (1). Gli animi s’inaspri- (1) Johannes... qui verbo et opere patri dissimilis commoda patriae non bene tractavit perniciosumque suscepit exitum Dand.