297 Sostenevalo in ciò probabilmente la fazione contraria agli Orseoli, e di tanto peggiorarono le cose, che minacciando qualche gran fatto, il doge Ottone ed il fratello patriarca, improvvisamente si determinarono a fuggire nell’ Istria. Allora Poppone, dandosi l'aspetto di voler proteggere 1’ abbandonata sede, domandò ed ottenne di essere ammesso in Grado, giurando che vi sarebbe entrato pacificamente, ma invece appena fu nella città che vi fece dare il sacco, e vi furono commesse orrende scelleraggini. Impossessatosi quindi dei tesori della chiesa e delle più preziose reliquie, fece ritorno ad Aquileia, lasciando nell’ isola buon presidio Questo avvenimento avvilì profondamente 1’ animo dei Veneziani, i quali si pentirono d’aver dato ascolto con troppa facilità alle calunniose voci che attribuivano all’Or-seolo cupidigia di assoluto dominio ; ben s’ avvidero quali mire invece nascondesse il patriarca, sotto il mentito a-spetto religioso della regolarità delle elezioni, e deliberarono di richiamare il loro doge dall’ immeritato esilio. Ottone, appena ritornato, ebbe cura di rivendicare l’onor nazionale e di punire le violenze commesse dalle soldatesche di Poppone in Grado, onde raccolto conveniente esercito, si recò a quell’isola e la ricuperò. Restaurate le fortificazioni, erettene di nuove, fatte coprire di ferro le porte della città, si restituì a Rialto. Breve tregua però si diedero i suoi nemici, i quali cogliendo questa volta occasione dal suo fermo rifiuto di confermare la nomina d’ uno della famiglia Gradenigo, giovane di diciott’ anni, al vescovado di Olivolo, promossero nuovi scompigli, e per opera specialmente dei Flabianici, il doge Ottone fa preso e rasagli la barba, venne confinato a Costantinopoli. Allora il patriarca suo fratello, che con lui era ritornato, non istimandosi più sicuro, prese la fuga e fu messo al bando. 88