353 dagli antichi, lo troviamo ripetuto e confermato quasi parola a parola da parecchi altri susseguenti, come di Carlo il grosso 880, Berengario 953, Ottone I 965, Federico Barbarossa 1177, e più tardi ancora, nei quali anzi legeesi perfetto in sulla fine, ove quello di Lotario per antichità era divenuto logoro ed illeggibile. 11 contenuto inoltre ne vien ricordato dal Dandolo nella sua cronaca, brevemente sì, poiché la lunghezza dell’ atto non si conveniva alla natura dell’ opera sua, ma con abbastanza precisione per farci convinti, che il dotto doge ne avea conoscenza, ed avealo veduto al paro degli altri da lui riferiti. Non può dunque essere una fattura del secolo XVIII ; anzi avendo notato come, tanto questo documento, quanto molti altri nel Codice Trevisaneo portino al margine certi numeri arabi e romani, con un T o piuttosto F (fascio) (1) e col nome talora del Dandolo, mi cadde in pensiero che tutti i documenti in quel libro copiati avessero appartenuto ad una collezione del doge e cronista. Questa mia congettura divenne a mia grande soddisfazione una verità, allorché recatomi a Vienna ad esaminare i libri fìlancvs. ed Albini nell’ I. R. Archivio di Casa, Corte e Stato (2), li trovai infatti ambedue preceduti da una Patente del doge Andrea Dandolo, il quale rende pubblicamente noto, come dopo essersi occupato della riforma dello Statuto, stimò opportuna e patriottica opera il salvare dallo smarrimento gli antichi documenti col raccoglierli e acconciamente ordinarli. Ella è questa una lettera preziosissima, che ci fa conoscere quel benemerito doge da un terzo lato finora ignoto, cioè non solo come cronista e legislatore, ma altresì come raccoglitore de’ patrii documenti antichissimi, onde stimo far cosa grata al-1’ universale stampandola qui per la prima volta. Dopo questo sarebbe inutile il diffondersi a combattere le (1) Ancora aleuni fasci di documenti nell’i. r. Archivio dei Frari, sono contrassegnati oon numeri romani per la sistemazione archiviale ed arabi per la progressiva. Cosi nelle lezioni inedite di Paleografia veneta del sig. Foucard. (2) Colgo quest’ occasione per render pubbliche grazie al sig. barone De Erb, direttore dell’ Archivio di Casa, Corte e Stato, al rev. sig. Chmel consigliere di Governo, e vice-direttore, e agli altri impiegati di quell’ Archivio, che mi furono cortesissimi nelle mie ricerche. 45