60 conoscevano. Si trovavano tra loro uomini di tutte le classi, specialmente delle agiate ed istrutte, che più avea-no a temere e a perdere e più aborrivano dal dominio dei Barbari ; ma tra esse e le più povere e degli artigiani venne a stringersi fin da principio un certo legame e si formò una specie di patronato dei nobili e ricchi sul resto della popolazione, che essi proteggevano e soccorrevano, una clientela qual era in uso tra i Romani, e fu poi sempre a Venezia (1). Così ad ogni sorta di lavoro erano pronti operai e mezzi (‘2) ; i vicini luoghi desolati fornivano abbondanti materiali da costruzione, le selve litorali 1’ occorrente legname per fabbricar case e barche. I viaggi marittimi, le navali costruzioni non erano cose ignote ai Veneziani per le antiche tradizioni, per le frequenti loro comunicazioni commerciali con Ravenna e per mezzo di questa fors’eziandio con Costantinopoli. Non fu dunque, special-mente per gli abitanti dell’ estuario, una condizione affatto nuova di vita, a cui nella fuga la necessità li conducesse, nè dee quindi far maraviglia se presto li vedremo costruirsi considerevole numero di navigli ed intraprendere viaggi nelle lagune, su pei fiumi e fino nell’Adriatico (3). Bensì dalla venuta nelle isole, il veneziano popolo ^olse l’attenzione principalmente al mare, dal quale soltanto potea sperare quiete nella nuova dimora e forse ricchezza e potenza. (1) La storia ce ne porge parecchi esempi. Il comparatico di S. Giovanni particolarmente ne stringeva più tardi vieppiù i legami. Gli uomini di stato e di potentia havevano dintorno quei poveri che li conoscevano, i quali proprio come lor signori honorandoli e servendoli, si procacciavano coll’appoggio di questi tali il vivere non potendo per la loro povertà altrimenti sostenersi. Cron. ant. (2) Et andarono co’ loro stuoli in Altin dove gera edificata Altilia et de là tolsero pietre et altri monumenti molti marmorei, et giesie et altre stanze molte edificarono. Cron. ant. (3) Estote ergo promptissimi ad vicina, qui saepe spatia transmit-titis infinita. Lettera di Cassiodoro ai Veneziani nel secolo VI.