126 A tanto nembo non isbigottivasi Desiderio : superbo del suo potere, ond’ erasi spinto fin sotto Roma, immaginava di veder tornare gli antichi tempi longobardici della conquista e mostrava non temere i Franchi. Ma ben diverse erano pel fatto le condizioni dei due popoli. Tra i Franchi un potente signore, circondato da una nazione valorosa, che amava la guerra per naturale inclinazione e per la brama del bottino, concorde ed unita nella devozione verso il suo principe di cui ammirava le virtù ; tra i Longobardi invece un popolo diviso d’interessi, sussistendovi ancora il partito di Rachis fratello di Astolfo, che uscito dal chiostro avea tentato invano di riprendere la rinunziata corona ; un clero tutto propenso a Roma, e quindi avverso al dominio longobardico, nemico di quella ; truppe non esercitate se non in guerre di poco rilievo coi deboli Greci e Romani o con qualche duca nazionale : sudditi italiani oppressi, che desiderar doveano un mutamento di signori : così tutto l sembrava presagire la prossima caduta del regno longobardico. Non pertanto gravi difficoltà si presentavano a Carlo nelle strette gole delle Alpi, nei precepizii, nelle vie non calcate od orride, ond’ egli, ancor dalla vetta di quei monti, offeriva la pace a Desiderio, il quale sdegnosamente la rigettava. Mentre i Franchi andavan cercando una via alla discesa, un diacono, mandato fors’ anche dall’ arcivescovo di Ravenna (1), additava loro un incognito cammino pel quale felicemente superarono le Chiuse. Ed ecco allora trovarsi i Longobardi d’improvviso col nemico a fronte, e già avviluppati, e prima vinti che combattuti. Si fece quindi generale la fuga ; Desiderio con pochi fedeli potè a mala pena rinchiudersi in Pavia, Adelgiso o Adelchi suo figlio, a Verona. Cadde anche questa nel 774 ed Adelchi si fuggì (1) Agnell. Pontif. Ravenn. Chron. Novalicens.