462 Laonde scriveva il Senato il 18 agosto ad Alvise Gritti a Costantinopoli (1), si congratulasse col Sultano in nome della Signoria delle sue vittorie in Ungheria, ringraziasse il gran visir Ibrahim delle sue benigne offerte delle quali all’occasione avrebbe approfittato ; assicurasselo che la Repubblica non mancherebbe di tenerlo a giorno di quanto accadeva ; essere ornai segnata la pace fra Cesare, il Cristianissimo e l’Arciduca, e per quanto aveasi potuto penetrare, senza comprendervi i confederati ; non potersi pensar altro, salvo che il re di Francia per riavere i figliuoli abbia condisceso a quanto l’imperatore avea voluto ; esser questi arrivati a Genova con buon numero di truppe, per dirigerle verso la Lombardia ; altre adunarsene in Tirolo, che certo muoveranno per le terre veneziane, ond’ era ad aspettarsene travagli assai ; la Repubblica essere rimasta sola, dacché i Fiorentini aveano mandato quattro ambasciatori a Cesare, uno il duca di Ferrara, e il marchese di Mantova era andato in persona ad inchinarlo ; perlochè il Senato era venuto nella determinazione che il fondamento e la sicurtà dello Stato veneziano ornai dipendevano solo dai promessi soccorsi del Gran Signore, del proceder del quale raccomandavasi al Gritti desse pronte ed esatte notizie per poter opportunamente provvedere. Poi crescendo il pericolo, riscriveva il 25 (2) sollecitasse pure 1’ avanzamento dei Turchi nell’ Austria potendo da ciò venire grandissimo comodo alla Repubblica. Ma la notizia della ritirata da Vienna portò i Veneziani ad altri pensieri. Scrisse il Senato ad Alvise Gritti, che era intanto stato creato arcivescovo d’Agria e tesoriere generale del re d’ Ungheria (3), rappresentandogli come (1) 18 agosto 1529, Secreta, t. LUI. (2) Secreta, p. 190. (3) Lett. di congratulazione a lui, 2 novembre 1529, Secreta.