476 segnava farsi addosso all’ Oranges, mentre il Baglioni doveva contemporaneamente eseguire una sortita e stringere così il nemico fra due eserciti. Ma il Baglioni, che trattava invece segretamente per riavere la sua sovranità di Perugia, quando l’Oranges si trovò assalito, non si mosse. Aspro, feroce, disperato fu il combattere del Ferrucci ; l’Oranges stesso vi lasciò la vita, ma le genti imperiali circondarono da tutte parti colla superiorità del loro numero l’eroe fiorentino, il quale non avendo più intorno a sè che un pugno di valorosi, interrogato da Gian Paolo Orsini : Signor commissario, non vogliamo ancora arrenderci ? — No ! rispose risolutamente, e scagliossi contro un nuovo squadrone di nemici che veniva ad assalirlo. Dovette infine soccombere : preso, che non avea più quasi parte sana del suo corpo, fu condotto innanzi al Maramaldo generale imperiale che il pugnalò! Tu uccidi un uomo morto, gli disse Ferrucci e mandò l’ultimo respiro. Col mancare di lui venne a decidersi la sorte di Firenze. A tutti gli eccitamenti di tentare ancora la propria salvezza in una vigorosa sortita, il Baglioni resisteva fermamente ed esponeva in quattro siiccessive scritture le pretese sue giustificazioni (1). I Dieci alla guerra gli davano commiato, una parte di cittadini voleva tuttavia continuare nella difesa, un’ altra, per salvare la città dal-1’ estrema mina, inchinava agli accordi. Questa prevalse. Il Baglioni riprende il comando e ordina tutto a suo senno ; la milizia cittadina si discioglie, segue qualche tumulto, il popolo grida Palle, Palle ; la libertà di Firenze ha tocco il suo fine (2). Così tutta Italia inchinava a Cesare che come di cosa sua ne disponeva ; nella questione tra il Papa e il duca di Ferrara per Modena e Reggio aggiudicava queste due città (1) Sanudo LII, LIII. (2) 12 agosto 1530. Dispacci Cappello.