165 routini vi ambivano i Veneziani, i quali infatti ottennero il 5 novembre la ròcca, e poi la città il 26 dello stesso mese. Acquistarono egualmente Rimini (1) per particolar conven-venzione con Pandolfo Malatesta al quale accordavano la nobiltà veneziana, donavano una casa in Venezia, quattromila quattrocento ducati da pagarsi al castellano, promettendo la condotta di cento uomini d’ armi e terre che gli rendessero ducati tremila l’anno. Oercavasi in pari tempo di tenere ben edificato il Papa della devozione della Repubblica, protestando che tener voleva quelle terre solo come vicariato, e pagherebbe il solito censo. Ma quando i Veneziani ebbero anche Faenza por la forza (2), il Papa rinnovò al loro oratore con più vigore che mai la dichiarazione di voler libere le terre della Chiesa (3) e che avendo inteso di grandi provvisioni che la Repubblica faceva e della spedizione del conte di Pitigliaao, capitano delle sue genti, verso la Romagna, erano cattivi principii : non darebbe pur un palmo di terra al Valentino, allontanerebbe i Fiorentini, per gelosia dei quali la Repubblica diceva essere costretta ad assicurarsi : ma essa pure si astenesse, restituisse le terre occupate, mandasse le sue truppe agli alloggiamenti e come buona figliuola di santa Chiesa aiutasse piuttosto questa a riacquistare quello die era di sua giurisdizione (4). Ciò faceva dire per mezzo dell’oratore veneto, e ciò esporre dal proprio legato vescovo Tiburtino al senato. Il quale, rinnovate in primo luogo le proteste di ossequio e di devozione alla santa sede, ricordava quanto essa avesse favorito la esaltazione di papa Giulio, ed or godesse di vederlo sì alto locato ; poi venendo senz’ altro alle materie dall’oratore esposte, diceva (1) Secreta, p. 181. Il contratto in Covivi., XIX, p. 19. (2) Dedizione di Faenza 26 nov. 1503, Cornili., XIX, p. 26. (3) Sanudo, Diarii V, p. 289. (4) Ibid., p. 288, 289.