230 tano Citolo da Perugia con una vigorosa sortita gl'imperiali rincacciava. Si ritiravano questi finalmente a ciò spinti anche dalla discordia coi Francesi e cogl’ Italiani, lasciando tende e gran parte delle bagaglio per dirigersi verso Vicenza, Monselice e Montagnana. Il Pitigliano però sospettando di stratagemma e ben prevedendo che sarebbero ritornati, non permise alle sue truppe di uscire, e solo ad alcuni drappelli di stradioti concesse d’inseguirli, mentre metteva ogni opera e ingegno a sempre più fortificare la città. Ben diversamente sentiva il Grritti, il quale scriveva al Senato (1): « Noi avremmo voluto allora (dopo la levata dell’ assedio) uscire di Padova coll’esercito e far la vendetta dei Vicentini tanto più che avevamo certa notizia del disordine dei nemici e della mancanza di vittuaglie eh’ essi provavano in un territorio già messo a sacco più volte. Accresceva la nostra fiducia il sapere che il vescovo era andato a Verona colle truppe alemanne, e il viceré colle sue milizie erasi fermato sulle rive dell’ Adige ad Albaredo, forse con intenzione di condurle a’ quartieri d’ inverno nelle provincie di Brescia e di Bergamo. La sapienza però dell’eccellentissimo Senato ha giudicato diversamente, e noi ciecamente rassegnandoci al maturo suo intendimento, abbiamo solo staccato qualche compagnia leggera per infestare il nemico ed aver contezza de’ suoi disegni.... Ciò che poi abbia fatto il superbo nemico nel castello di Mestre e nell’ ultimo confine del continente presso Marghera non mi dà l’animo di ridire a Vostre Eccellenze. Esse in parte già l’hanno sentito e in parte ancora veduto e con dolore osservato dalle torri di codesta dominante, e sono certo che i generosi animi loro si saranno infiammati di un giusto sdegno. Presentemente ricchi ma non sazii di preda vanno vagando gli Spagnuoli cogli alleati per (1) Dispaccio di A. Gritti, Padova, tip. del Seminario, 1842.