408 passo per andare in Ispagna e pel ritorno al portatore di questa, che si reca all’ imperatore per sapere come vuole eh’ io sia trattato ». La notizia della splendida vittoria dell’ imperatore, della prigionia del re e della ritirata del duca d’Alamjon, commosse ed atterrì grandemente tutt’ i principi d’Italia, i quali si vedeano ornai senza riparo dati in balia della potenza imperiale. A scongiurare intanto la prima burrasca, adope-ravasi Gasparo Contarini allora oratore a Carlo Y, poi la Repubblica incaricava Andrea Navagero e Lorenzo Priuli di recarsi in Ispagna e congratularsi coll’ imperatore della fortuna delle sue armi (1), ed erano bene accolti, giacche a Carlo allora premeva di tenersi amici i Veneziani (2), dai quali però chiedeva ottantamila ducati, a compenso, come diceva, delle truppe che essi non aveano mandato, secondo i patti, alla battaglia di Pavia, e diceva ridendo : « Mi bisogna far molte spese, voi siete ricchi, nè vi bisogna far tante spese : conviene che mi aiutiate ». Poi tornavano in campo le difficoltà circa ai fuorusciti ai quali l’imperatore voleva fossero restituiti i beni, che i Veneziani dimostravano non potere senza gravi disordini e violazioni di diritto, essendo stati venduti. Infine diceva l’imperatore : « Sappiate, ambasciatori, che quando io volessi il disturbo della Cristianità, la cosa sarebbe in mia mano: ma io non cerco altro che questa gloria, che si dica ai miei tempi sia stata la pace e la tranquillità nella Cristianità, la qual desidero che sia talmente ferma che- anche perseveri dopo di me & le armi nostre si voltino contro gl’infedeli; alla quale impresa spero che la Signoria mi aiuterà *. Eguali buone parole dava Cesare al papa, onde il Senato raccomandava a questo non si lasciasse trarre ad alcun (1) Secreta 27 feb. e 2 marzo 1525, p. 121, 123. (2) Dispacci di A. Navagero. Cicogna Iscriz. t. VI, p. 176.