121 o clie fosse pel fatto riconosciuto, o, come pare piuttosto, additato, fu tosto preso e ritenuto prigione e con lui Galeazzo Sanseverino, il Fracassa e Anton Maria suoi fratelli. Era il due maggio dopo appena tre mesi del riacquistato regno, quando Lodovico il Moro, strano esempio della volubilità della fortuna, entrava in Lione, ove allora trovavasi il re di Francia. Precedevanlo dodici sergenti, per tenere il popolo che non gli gridasse dietro o l’insultasse, seguiva il governatore della terra, col prevosto della giustizia del re a cavallo, poi venivano cento arcieri della guardia reale, e dietro a quésti avanzavasi lentamente l’infelice principe in veste di cambellotto nero, con stivaletti e berretta di egual colore, la quale egli teneva quasi sempre in mano guardando or di qua or di là, e sforzandosi di non mostrare la passion sua, in tanta mutazione di sorte. Avea l’aspetto pallido, e nelle braccia e in tutta la persona tremava. Chiudevano la marcia il capitano degli arcieri reali, e cento uomini di quella truppa, e dopo essere stato qualche tempo nel castello, fu mandato nella fortezza di Loches ove finì miseramente i suoi giorni (1). Il cardinale Ascanio alla nuova dell’ infelice caso del fratello erasi prestamente partito da Milano, ma fu preso e condotto aneli’ egli prigioniero prima a Venezia, poi in Francia per assoluto volere del re, mentre Milano mandava ambasciatori al cardinale di Roano a supplicar venia, il il quale la ricevè in grazia e perdonò in nome del re la ribellione, contentandosi d’imporre ad essa ed alle altre città una contribuzione in danari. Tanta fortuna dei Francesi alzò a novelle speranze l’ambizione del Valentino il quale ottenuto un soccorso da Ivo d’Allegre s’ impossessò nell’ottobre di Pesaro e di Ri- (1) Diarii T, Lettera di Benedetto Trevisan oratore in Francia, p. 242. Vol. Y. 16