344 di paradiso} o che so io, ma canto di Norma, e canto del 1834 a^’ Apollo, quando si vorrà significare un ultimo termine di comparazione. Di qua gli spettatori facevano di rappresentare con atti, con voci, con segni in somma esteriori la propria ammirazione e il diletto, e in ciò fare non mettevano minor zelo od amore degli attori dell’altra parte dei lumini, che alla volta loro divennero spettatori del maggiore spettacolo d’entusiasmo, che mai vedessero, io credo, nella lor vita. Quindi non si domandi del numero degli applausi, e delle chiamate; furono tali e tanti e sì ripetuti che se ne perdette il registro. A soddisfare anzi con maggiore sollecitudine l’impazienza del pubblico si tenne modo che finito il prim’ atto si rialzasse la tenda ad ogni chiamata, e per una buona mezz’ ora (trenta minuti) quell’ ordigno non fe che scendere e alzarsi. E questo non bastò nè meno. Il lusinghiero ed insolito suono del bis incominciò a farsi strada, in mezzo a’ rumori di tante diverse specie e qualità, fino dalla prima cavatina della Norma, il che era veramente un incominciare in anticipazione, quando non si ammettesse 1’ ipotesi di quel medico, che disse, ma non Io scrisse, che questa Norma all’ immensa sua forza potrebbe ben avere a doppio i polmoni. Se non che : chi la dura la vince, è antico prover-