272 nata sopra la campagna di Verona, nui siamo apparecchiati a farla. » Alle cui parole non mi parve di occorrer con altro che con generai risposta, ben però con onestà delle cose della lega, ricercando così il luogo e la cattività mia. Finalmente fui serrato in una prigion in Rochetta molto solitario. Soggiungeva quindi che il Gritti opinava che il Triul-zio parlasse con tutta sincerità e desiderasse effettivamente la pace, che bramava sapere se effettivamente ia Signoria fosse disposta ad accordarsi col suo re, che questi l’aiuterebbe allora a ricuperare tutte le sue terre, eccetto quelle conquistate da Francia. « Piero, diceva il Trivulzio al Bres-san, io ho sempre proseguito quella illustrissima Signoria di singoiar affezione e riverenza e dove e quando ho potuto giovarle con onor mio, credi che non ho mancato. Ma al mio signor il re Cristianissimo non ho voluto nè debbo esser traditor, però non vorria che quella Signoria avesse a perire. Ho lettere di Francia dell’ amico mio fededegno che mi replica la pratica dell’accordo e dice che non si maraviglia se la risposta va così in lungo perchè quella Signoria fa le cose sue considta e maturamente, e se ho alcuna cosa, che lo avvisi, e mi accerta che se la Signoria venirà de buon sigillo a quest’ accordo, che il re venirà an-ch’ egli di buone gambe, perciocché la Maestà Sua vede e conosce che la Signoria non muor mai, e che gli va per mente questo accordo e che non solo acconsentirà che la Signoria ricuperi tutto lo stato suo perduto (eccetto quello però guadagnato pel re, che di quella porzione non bisogna farne alcun pensiero) ma che l’aiuterà a riacquistarlo, però con condizione che cadauno dei due potentati siano obbligati alla difensione e conservazione dei comuni stati, come erano per avanti. E ti dirò così : se la Signoria vuol venire in accordo col re, non bisogna far mercadanzia di scritture con scrivere a Roma e aspettar risposta in su e in giù.