411 cune trattative di accomodamento, ma a patti si onerosi, domandando niente meno che la Borgogna e la Picardía per sè, la Provenza, il Delfinato pel Borbone e la restituzione inoltre dei suoi beni, la Normandia, la Gujenna e la Guascogna pel re d’Inghilterra, che divenne impossibile 1’ accettarli. Francesco annoiavasi intanto a morte nel castello ; era trattato con tutto riguardo, ma strettamente so-pravvegghiato, laonde accolse imprudentemente il consiglio del viceré Lanoy di recarsi a trattare direttamente col-l’imperatore, e spargendosi voce che lo si conducesse a Napoli, fu veramente imbarcato il 7 giugno nel porto di Genova e condotto in Ispagna. Questo fatto, eseguito all’ insaputa del Borbone e del marchese, esasperò grandemente ambedue ; il primo perchè vedeva nel re un ostaggio per farsi mantenere da Carlo quanto aveagli promesso ; rodevasi il Pescara che il viceré per la sua finezza si cogliesse il frutto del merito altrui, e già vedovasi dall’ imperatore posposto e mal ricompensato della principalissima parte avuta nella vittoria di Pavia. In generale il contegno di Carlo V metteva in gelosia e sospetto tutt’ i principi italiani, e fino dal marzo di quell’anno 1B‘25 Girolamo Morone, gran cancelliere e primo ministro del duca Sforza, avea chiesto un colloquio secretissimo con Domenico Vendramin secretario dell’ oratore della Repubblica a Milano, Marc’Antonio Venier (1), e fu fatto un accordo fra la Repubblica, il duca di Milano, il papa insieme colla reggente di Francia, adoperandosi anche a farvi entrare il re d’Inghilterra che cominciava a disgustarsi altresì dell’ imperatore suo alleato, allo scopo di assicurare la libertà e securità d’Italia (2), e confermare Francesco Sforza e dopo lui il fratello Massimiliano, allora in Francia, nel (1) Sañudo XXXVIII, p. 227. (2) Lettere del Collegio 18 luglio 1525.