172 fice, che papa Alessandro non poteva de lare concedere i beni della Chiesa al suo figliuolo ; che il Valentino non avea fatta alcuna ingiuria ai Veneziani perchè questi avessero con ragione tolte le armi contro di lui ; che quando la Signoria si mise in possesso di Faenza e Rimini il pontefice poteva far conto di averle già in mano dappoiché teneva il Valentino prigioniero, il quale aveagli promesso di fargli restituire tutte le sue terre ; che Pandolfo Malatesta di Rimini non aveva facoltà di cedere ad altri quello Stato, e perciò gli oratori persuader volevano la Repubblica a farne la restituzione, in gratificazione almeno di Sua Maestà ; che di ciò verrebbe essa sollecitata anche da altri principi cristiani, cui il Papa avea fatto ricorso; bene sarebbe torre codesto fomento di guerre e con piccolo sacrificio sfuggire a mali maggiori. Rispondeva il senato lodando i cortesi e modesti modi degli oratori cesarei, però osservava l’alienazione al Valentino non essere stata fatta soltanto da papa Alessandro ma dalla sede apostolica e da tutto il collegio de’ cardinali con tutte le solennità solite a praticarsi in simili casi ; constare palesemente eh’ esso Valentino avea provocato la Repubblica attèntando alle terre sue di Romagna, nè risparmiando contro di lei le contumelie e le ingiurie, tra altre, grave insulto avea fatto a lei stessa nell’iniquissimo ratto della moglie del Caracciolo suo capitano, da lui commesso in su quel di Cervia (li;- avea egli arrestato e spogliato di ben ventimila ducati i mercatanti veneziani a Sinigaglia, fatto squartare un cavallaro veneto che passava da Rimini e appiccarne i quarti fuor della porta che va a Ravenna a manifesto scherno della Signoria ; a tutti esser noto come il Valentino, sebben prigioniero, erasi lungamente rifiutato di dar i segni delle fortezze e quando (1) Vedine la descrizione in Sanuto, Diarii t. Ili, p. 1033, e Secreta, XXXVIII, p. 114 lettera di risentimento del senato.