417 a tutt’ i cittadini di raccogliersi ciascuno nella propria parrocchia, al suono della campana, per eleggere in ognuna di quelle due sindaci incaricati di giurare in nome loro nelle mani dei capitani Alfonso Davalo marchese del Vasto e Antonio de Leva, secondo la formula che loro mettevasi innanzi, fedeltà all’ imperator Carlo e a’suoi successori, di non fare nè prestar mano a cosa alcuna in suo danno od ingiuria, denunziare qualunque pratica contro il governo imperiale e fare inline tutto quello che deve una città verso l’imperatore suo signore e il sacro romano impero (1). Il malumore cresceva e attendeva solo occasione a prorompere^ in rivolta, e intanto continua era la resistenza, frequenti le zuffe e i moti popolari che gl’ imperiali aveano a comprimere, e in mezzo a questa pericolosa condizione di cose, il Pescara venne a morte il 3 dicembre di quel-1’ anno 1525. Rinnovava l’imperatore lo sue proposizioni alla Signoria di Venezia (2), la quale rispondeva volere anzi tutto nominato il duca ed espressamente dichiarata la conservazione dello Stato suo, e che fossegli perdonato tutto 1’ occorso, nè se ne facesse più parola, nè si operasse novità alcuna in Italia. Ed intanto 1’ assedio del castello di Milano continuava; sonavano da per tutto i lamenti dell’ infelice principe in esso rinchiuso : vedessero, diceva, a che fosse ridotto ; non potersi nè con preghiere, nè con promesse rendere pieghevoli gl’ imperiali ; tutte le piazze esposte all’ avidità, alle violenze del Davalo, egli stretto da barbara soldatesca, non sicuro nemmeno della vita ; a qualunque movimento ei facesse per opporsi al suo disonore, per far fronte al pericolo che lo minacciava, apparir imminente il servaggio di (1) Sanuto XL 377. (2) Lettera Collegio 7 dicembre. Vol, V. 53