201 Il papa, dal canto suo, di conformità a quanto erasi impegnato coi suoi collegati, emanava il 27 aprile 1509 la famosa sua Bolla di scomunica (1) contro la Repubblica, cui tacciando d’ingratitudine siccome quella che cresciuta e fatta potente pei favori, pei privilegi e perfino pei danari della Santa Sede, era divenuta sì orgogliosa da recar molestia ai vicini e invaderne le terre, com’ era avvenuto specialmente non ha molt’ anni di quelle del duca di Ferrara, e di molte perfino alla pontificai sede appartenenti ; nè aver valso ottenerne la piena restituzione nè le ammonizioni papali, nè gli ufficii di Cesare ; oltre a ciò aver essa Repubblica ricettato i ribelli Bentivoglio di Bologna, aver posto impedimento alla nomine pontificali sui vari vescovadi e beneficii ecclesiastici ; voler essa render giustizia a modo suo agli ecclesiastici, non dar corso a rescritti apostolici, se non con sua approvazione, aggravar d’imposte i beni del clero, punire con carcere e bando persone ecclesiastiche, non tollerar legge nè comando. E mentre egli, il Papa, sforza vasi a ridurre a pace tutt’ i principi cristiani e unirli in una lega generale contro gl’ infedeli, essere a ciò ostacolo i Veneziani, opponendo i principi non potersi indurre a combattere gl’ infedeli, perchè mentre le loro cure fossero altrove rivolte, avrebbero potuto i Veneziani profittarne per molestare i loro sudditi e invaderne gli Stati. Laonde da tanto motivo eccitato, egli dava di piglio alle armi temporali e spirituali e pronunziava solenne scomunica ed interdetto contro tutto lo Stato veneziano se fra ventiquattro giorni di tutto non facessero emenda, permettendo a chiunque di muovere contro di loro e dispogliarli, e impedire il loro traffico e far loro insomma tutto il male pos- (1) Lunig, Cod, dipi. it. t. IV, sez. VI, art. 107, quinto kal. maii. Voi. V. 26