209 ad un capitano) onde intesi adì . . . maggio come la notte i francesi passavano di qua e andai dal sig. conte e gli dissi se volesse andare ad obstarli, rispose esser notte e s’indugiasse alla mattina, che poi si consulteria. E io mi disperava ; se era solo gli andava all’incontro e li rompeva certo. E pensava dove volessero andare. Se andavano a Cremona noi li eravamo alle spalle ; a Crema no, perchè era fortissima, ed essendo il re.passato di qua d’Adda con l’esercito, io per inanimar li nostri li faceva scaramucciar insieme ogni giorno, inanimandoli che questo voleva perchè coll’ esercito avevamo, sperava indubitata vittoria. E intesi per spie, che d’ ora in ora sapeva quello facevano i nemici, che volevano andar a prender 1’ alloggiamento di Pandin che è sito fortissimo e star lì e ne avrebbero tolto la via delle vit-tuarie perchè se venivano a Charazo (Caravagio?) over a quelli lochi, io era di opinion passar Adda e andar a Milan eh’ è poco forte e si avrebbe avuto. Ed in questo m. Giorgio Corner era amalato e io lo confortai si partisse di campo perchè non era bisogno di uomini inutili. Et così adi . . . maggio fatto consulto col capitano conte di Pitigliano, che lo teneva per mio padre, e cogli altri, e con m. Andrea Gritti fu concluso levarsi anche noi e per un’ altra strada di qua di loro, qual era segura ed in mezzo di uno fosso, andar prima di loro a torre detto alloggiamento di Pandin e con questo presupposto se i nemici torneranno sono mezzi rotti, se vorranno venir a giornata eticim saranno rotti pel grande esercito avevamo e sull’avvantaggio noi all’ alto e loro alla bassa e convenivano venir per tre vie sicché ad ogni modo sperava certa vittoria. E così col nome di Dio quella mattina del giorno infortunato si levamo anche noi e loro. Cavalcavamo in ordinanza tutti e come fu 1’ ora . . . sentii 1’ artiglieria trarre e mi fu detto che i nostri s’ erano appiccati (col nemico) cioè le fanterie della compagnia di Vol. V. 27