406 pace col re Francesco, nella quale dice vasi che essendo sempre stato nella mente del papa di procurare la pace tra i principi cristiani, ora più che mai a questo volgeva i più caldi suoi voti, però essendo a lui e al Senato veneziano ben noto quanto il re cristianissimo fosse inclinato a dar quiete e tranquillità alla travagliata Italia, aveano con esso re convenuto di non offendere reciprocamente e di non aiutare nè favorire 1’ uno i nemici dell’ altro, avviando altresì i Veneziani le pratiche per rinnovare 1’ antica confederazione, però col particolar patto di non esser tenuti ad aiutare il re nella presente impresa (1). Ma gli avvenimenti superando ogni umana antiveggenza, venivano a cambiare ad un tratto l’aspetto delle cose. Continuava l’esercito francese l’assedio di Pavia; il campo posto alla sinistra del Ticino chiudeva al nemico il passaggio verso la città, la fronte del campo verso Lodi era difesa da un baluardo e da fossi ; la destra appoggiavasi al Ticino, la sinistra ai muri del parco di Mirabello, luogo di delizia dei duchi di Milano. 1525. Tre settimane stettero gl’ imperiali in vista delle genti francesi senza fare alcun movimento, non lasciando però di scaramucciare, con alterna fortuna, quando finalmente il 25 febbraio 1525 trovandosi i capitani imperiali in generale strettezza di danaro, e considerando che ritirandosi avrebbero non solo perduto Pavia, ma ogni speranza inoltre di difendere quanto ancor possedevano nel Milanese, deliberarono di venire a giornata. Inquietati con frequenti avvisaglie durante la notte i Francesi, fingendo volerli assaltare verso il Po, il Ticino, s. Lazzaro, fatte dopo la mezza notte quattro squadre, due di fanti e due di cavalli sotto il comando del viceré, del marchese del Guasto, del marchese di Pescara e del duca (1) Paruta V, 241, Secreta 5 die. 1524.