289 tano prima tutti a pagare quanto sia debitori alla Signoria, e non vedersi più a lungo scritti sopra i libri a palazzo, ma andar prontamente a pagare le decime dovute. Poi si porrà un quarto di tansa per aiutarsi, che se non fosse stato qualcheduno che finora ci avesse servito del suo* come Zaccaria Cabriel consigliere, e i banchi e le cose sarebbero andate assai male. Dovrebbesi or fare come al tempo in che Antonio Contarini faceva di fazion (prestito) ben sessanta mila ducati e Federico Corner de la Piscopia, vedendo il bisogno della terra portò quindici verghe d’argento in zecca. E a questo modo da pescatori che eravamo, aiutandosi da noi medesimi, eravamo venuti a tanta grandezza di stato e superbia che Dio ne ha voluto abbassar. Ma spero tuttavia non ne abbandonerà, e pertanto vi conforto a tutti, dovesse ciascuno venir a servire di danari chi poco e chi assai. Vi esortiamo altresì ad andare a Padova e a Treviso per conservazione di quelle città, ove sì trovano Cristoforo Moro in Padova e m. Andrea Gritti a Treviso e tutti quelli vogliono vengano a darsi in nota alla Signoria. Si vuole aiutar la terra e restringere le spese, che vi è tale che è debitore a s. Marco e marita figlie e fa spese, che non è lecito dire. E bisognerebbe invece aiutarsi contro i nostri nemici o con danari o con le persone o mandar gente, poiché poscia i danari non gioveranno, nè le gioie, nè le vesti, nè le robe di casa. E però conforto tutti a far questo effetto e venirsi a dara in nota, i quali saranno pubblicati affinchè ognuno conosca il loro buon volere ». Ma siccome il doge non offerse pel primo nè di mandare i suoi figli, come ognuno si aspettava, nè di prestar qualche somma di danaro si levò gran bisbiglio nell’ adunanza, e quelli che maggiori onori e stato godevano, ad esempio del doge, si astennero. « E giuro a Dio, così prorompe il Sanuto, ch’io volsi andar in renga (alla bigoncia) Yol. V. 37