tenore della convenzione avrebbe dovuto mandare, furono con sempre nuove dilazioni ritardati fino all’ autunno. 7. In questo mezzo s’intese che il papa il 15 marzo avea conchiuso una tregua di otto mesi, senza il consenso della Repubblica e di Francia, alle quali solo era lasciato luogo di aderirvi (1). Egli impegnavasi a disarmare, a restituire le terre occupate nel Regno, a ritirarne 1’ armata marittima, a provvedere di danaro i cesarei. Ma il Borbone rifiutava di riconoscere siffatto accordo e adducendo che le sue truppe già spintesi tanto innanzi non voleano indietreggiare, continuava la sua marcia alla volta di Toscana. Allora Clemente divenuto più che mai timoroso de’ fatti suoi, mandò di nuovo raccomandandosi alla Repubblica (2), alla quale pure volgeasi Firenze, spaventata egualmente di vedere la Toscana corsa e devastata da quella barbara gente che il Borbone menava seco. Accorreva il duca d’ Urbino colle genti veneziane, ma i giovani fiorentini profittando dell’ occasione che Ippolito de’ Medici, il quale per volontà del papa rappresentava nella città la potenza di quella casa, era uscito per andar incontro alle genti veneziane, si levarono a tumulto il 26 aprile gridando Francia, s. Marco, libertà (3). Se non che entrato nella città il duca d’Urbino ogni cosa ridusse alla pristina quiete ed attese agli opportuni provvedimenti per la difesa contro il Borbone. Il quale, veduta la città preparata alla resistenza, voltando improvvisamente cammino, prese la direzione di Roma. Il papa non sapeva che farsi ; ei ben s’ avvedeva che colla sua politica incerta, mutabile, avea disgustato tutti, ciò non di meno fatti venire a se gli oratori di Francia, d’Inghilterra, della Repubblica e di Milano disse voler rinnovare la (lì 21 marzo 1527, Secreta. (2) 6 aprile ¡b. (3) Sanuto XLIV, p. 335, Nardi L. Vili.