419 mune difesa (1), non cessava di sollecitare il re d’Inghilterra, il Senato non si dava riposo nè giorno nè notte ; venivano posti in campo varii partiti e sopra di essi vivamente si disputava : volevano alcuni che lasciando da banda le lungaggini della diplomazia le quali, come più volte s’ era veduto, a nulla eonducevano, si volgesse ogni diligenza ad armare, a ravvivare 1’ antico valore, a fare operazioni degne del nome veneziano e dell’influenza che la Repubblica era tenuta ad esercitare, ed avrebbe potuto, nelle sorti d’Italia; altri opponevano non convenir correre così all’impazzata alle armi, farsi incontro a spese ingenti in tanta povertà dell’ erario e nella diminuzione attuale dello pubbliche e private fortune ; badassesi bene di non si attirare addosso la collera dell’imperatore : malfido essere lo stesso appoggio di Francia, la quale invece di soccorrere la lega d’Italia potrebbe forse anzi giovarsene a ottenere buone condizioni per sè ; ad ogni modo essere prudenza 1’ attendere consiglio dal tempo e vedere che cosa facesse il papa, che cosa l’Inghilterra. Nè il tempo tardava a chiarire gli avvenimenti, e il Navagero dava avviso alla Repubblica del trattato conchiuso tra Francesco e l’imperatore. Piuttosto che sottoscrivere ai patti umilianti che da lui si richiedevano, Francesco avea fatto dapprima atto di rinunzia in favore del figlio, ma poi cedendo alle continue insinuazioni di sua madre e dei compagni del suo esilio, e noiato egli stesso della lunga cattività, si piegò a sacrificare in apparenza gl’ interessi della sua corona coH’intenzione d’ingannare un nemico che si mostrava verso di lui così poco generoso (2). Il 14 gennaio 1526 segnò di sua propria mano il famoso trattato di Madrid, pel quale dopo aver secretamente protestato in presenza de’suoi pleni- (1) Secreta 20 nov. 176, 182. (2) H. Martin Hi st. de France IX, 248. 1526.