378 andassi ad aspettar a Messina, dove se Dio vorrà mi trasferirò. Non ristarò di ricordar a Y. S. che se ho errato non ho errato per errar, anzi credendomi far cosa grata a V. S. e a tutto quello benigno stato. » Giungevano a Venezia lettere del sultano annunzianti la conquista di Rodi, e tali erano le condizioni de’ tempi, che la Repubblica, non ancora appianate le cose coll’ imperatore e costretta a starsene sempre colle armi in pugno in Italia, mandava Pietro Zen oratore a Costantinopoli per rallegrarsene, e mostrar soddisfazione che si fossero per tal modo assicurati i comuni sudditi dagli infesti corsari ; poi domandava risarcimento dei danni da questi fatti in Dalmazia e la restituzione delle persone che n’erano state asportate, pregava infine che nessuna molestia fosse recata a Napoli di Romania (1). Ma la perdita di Rodi dovette essere assai dolorosamente sentita dalla Repubblica, la quale vedeva il suo commercio e quei possedimenti che ancora teneva in Levante sempre più minacciati e il pericolo farsi ogni dì maggiore di venirne affatto spogliata. Laonde volgeva più che per lo passato gli occhi all’ Occidente, e stringeva e rinnovava trattati commerciali con quelle potenze; mostra anzi un profondo mutamento succeduto nelle sue massime politicocommerciali la parte presa il 9 agosto 1526 che permetteva l’introduzione dei panni di Ponente pagando il dazio del 4 % e quella altresì delle lane (2). Tuttavia troppo sfavale ancora a cuore l’antico commercio delle Indie, perchè non accogliesse volentieri ogni progetto che avesse per iscopo di possibilmente ravviarlo. Al qual proposito è di molto interesse quanto scriveva Gasparo Contarmi da Vagliadolid l’ultimo dicembre 1522 circa ad un colloquio da lui avuto (1) 27 aprilo 1523 Secreta, p. 14. Commissione a Pietro Zen. (2) Sanuto XLII, p. 252, e 298.