452 tore del duca di Milano, G-iovan Battista Taverna (1), gli oratori di Venezia, di Firenze e di Ferrara, e furono assicurati per parte del Cristianissimo che, come già altra volta avea detto, nulla sarebbe fatto in quella pace senza l’intervento loro, volendoli sempre, come di dovere, per buoni confederati ed amici, ed avendo rispetto non meno al bene particolare di ciascuno dei loro signori che al suo proprio, e che avrebbe anzi procurato loro il mezzo di parlare a madama Margherita. L’orator veneto (2) rispose che prima di tutto egli aveva ordine di non intervenire in alcun trattato od accordo ove fo ie fatta menzione di cosa alcuna pregiudiziale al signor turco, e ciò per buoni rispetti ; che del resto attendeva particolari istruzioni dal Senato. Più esplicito fu 1’ oratore milanese che domandava in nome del duca di esser integralmente restituito nel possesso del suo ducato secondo la investitura fatta al tempo di Lodo-vico suo padre e quella già conferitagli dalla stessa Cesarea Maestà. Risposero i consiglieri che l’imperatore gli rinfacciava la fellonia commessa, la quale voleva sottoporre tuttavia alla decisione della giustizia e non essendo trovata tale, gli farebbe la restituzione. Al che 1’ ambasciatore soggiunse che trattandosi di fare una pace universale parevagli superfluo cercar caso di colpa e che essendo il duca suo signore confederato e servitore di S. M., non era di onor suo lasciare che si parlasse di fellonia, che questa pel fatto non fu mai dal duca commessa, poiché le di lui mire rivolte erano non a danno di S. M. ma solo a liberarsi dalle iniquissime oppressioni fattegli da’ suoi ministri, i quali ad altro non pensavano che ad usurpargli lo Stato e a restringere la sua persona in poter loro ; ad ogni modo quand’ anche si volesse rimet- (1) Suo dispaccio al duca. Sanuto LI, 1123. (2j Una lettera di Girolamo da Canal secretario del Giustinian oratore in Francia, da Cambrai, nirra l’ingresso della reggente ecc. Sanuto LI.