288 veneziane, si affrettò a ripassare il fiume per accorrere alla difesa di Padova e di Treviso. Tutto fu posto in opera per la tutela di queste due città, nella prima delle quali entrò lo stesso Alviano e attese a ben munirla di ripari e di difensori. Laonde l’assalto del Cardona fu ributtato, ma gli Spaglinoli si vendicarono devastando le campagne, e il burbanzoso viceré spintosi fino sull’ orlo delle lagune, volle a soddisfazione di sua vanità, che da Malghera alcuni tiri di cannone si facessero contro Venezia (1). Se non che levato appena 1’ assedio, 1’ Alviano impaziente di quello starsene chiuso in città, volle uscire in campo e molestare il nemico nella sua ritirata e chiudergli il passo del ritorno a Vicenza, alla quale notizia il doge salito in bigoncia prese a dire (2) : « Non è niun che non sappia la causa del nostro prendere a parlare in tanto pericolo, quanto mostrano esser venute le cose nostre che pur si aveano difese contro tutto il mondo congiurato contro la Repubblica nostra e questo Stato si è pur mantenuto la Dio mercè e della sua gloriosa madre e di messer San Marco protettor nostro, perchè Dio ne voi aiutar e abbiamo cacciato i Francesi d’Italia. Così pure ci aiuteremo ora da questa furia di nemici tedeschi e spagnuoli che hanno abbruciato Lizzafusina e Marghera e tuttavia abbruciano Mestre minacciando far di noi gran cose, sicché se potessero, saremmo al certo assai malmenati, perchè siamo solo duemillecinquecento mosche (sic) nè valerà allora alcuna provisione. Con ciò voglio dire che oggi col nome di Dio il nostro campo è uscito di Padova e con gran vigoria e non ne manca altro che denari ; nè la terra (la città) cioè il pubblico erario non basta a tante spese. Però si esor- (1) Paruta, Barbaro, p. 997, nella Cronaca del Malipiero, Archivio Storico t. VII. (2) Sanuto XVII, 8 ottobre 1513, p. 97.