26 di componimento e i Fiorentini s’ affrettavano a mandar anch’ essi i loro ambasciatori a re Carlo per conservarsene 1’ amicizia. Ebbero a principio mala accoglienza, rimproverando ad essi il re l’alleanza con Napoli e la tardanza del loro governo a mandare suoi ambasciatori come aveano fatto il papa, Venezia e Milano; ch’egli intendeva avere sul reame di Napoli non meno ragioni che su quello di Francia, e che era fermo di mantenerle; voler dunque sapere da che parte si metterebbero i Fiorentini, al che rispondendo gli ambasciatori non avere istruzione su ciò, domandavano tempo per iscrivere a’ loro mandatarii (1). Arrivava intanto in Italia il Peron incaricato appunto dal re d’indagare gli animi de’ varii principi italiani, e dopo le conferenze avute con Lodovico, giungeva a Venezia e presentavasi l’8 luglio in Senato (2). Ringraziava del posto lasciato al suo re nella lega col papa e con Lodovico; annunziava la pace conclusa coll’ Inghilterra, con Massimiliano, colla Borgogna, colla Spagna, e che in quei trattati non avea dimenticato la Repubblica; desiderava continuare con questa le antiche buone relazioni; poi domandata un’udienza privata, in questa soggiunse: avere il suo re fatta la pace con tutt’ i suoi vicini, avendo 1’ animo tutto volto al ricuperamenfo di Napoli che gli spettava per ogni buon diritto ; domandava su ciò dalla saggezza della Repubblica aiuto e consiglio, del che era disposto a dare ogni segno di gratitudine. Gli fu risposto, di troppo gran momento essere la sua missione, per potersi così improvvisamente deliberare; essere inoltre contrario alle leggi della Repubblica il dare risposta a siffatte materie senza aver prima consultato il Se- (1) Cornelio Nibio al duca di Milano, da Parigi2 luglio e lett. di Lodovico da Pavia 11 luglio allo Stanga a Napoli. Archivio s. Fedele. (2) Secreta, p. 179.