352 dali, e perciò essa avrebbe avuto nei suoi Stati un’ armata appunto di Vandali. Che, quanto agli assassinii, egli vi avrebbe rimediato con incendiare qualche terra perchè servisse di esempio. Cercando io con ogni industria e destrezza di ribattere quanto mi andava dicendo, lo chiamai a riflettere che circa agli assassinii si usavano le maggiori diligenze per prevenirli, al qual passo ripigliando quanto sta esposto nell’ altro dispaccio, mi disse che se la Repubblica di Venezia agiva di buona fede verso quella di Francia, doveva stampare un editto con il quale tutt’ i sudditi fossero istrutti dell’ amicizia che lega le due Repubbliche, contento che in un tale editto si parlasse pure della neutralità professata e degli Austriaci, eh’ e-rano entrati nello Stato veneto. Quest’ editto, disse egli, accompagnato delle necessarie cure del governo, avrebbe fatto conoscere che la Repubblica di Venezia vuol vivere in amicizia con quella di Francia, ed avrebbe ininsieme sospeso un linguaggio reso ormai comune e nella capitale e in tutto lo Stato in disprezzo delli Francesi, che egli non voleva più oltre soffrire. Soggiunse che il numero degli Schiavoni fatti venire a Venezia lo fomentava, e che anche per questo chiedeva che gli appartenenti ad un armo straordinario fossero rimandati. Diffondendosi sopra il momento in cui si sono accresciute le forze in Venezia, mi disse, che se la Repubblica si fosse armata quando i Francesi cominciarono a minacciare 1’ Italia, la cosa non avrebbe potuto eccitare alcuna gelosia (1), ma che nel caso di cui si tratta, le circostanze, per le addotte ragioni, erano ben diverse. Questo per me affannoso dialogo in due riprese avrà durato per ben due ore. Compreso da dolore il mio cuore per non essere riuscito ad (1) Notisi bene questo passo.