36 mense, provando nella pompa spiegata dal proprio governo un certo senso di compiacenza e di orgoglio. Ma troppa essendo la folla, era pur uopo che questa dopo la prima imbandigione sgomberasse. Che fare ? Intimare la partenza, pareva alla delicata cortesia veneziana atto inurbano ; il far apparire una forza militare, atto superbo e sconveniente a ben ordinata Repubblica: ma bastava una allusione, bastava lo scuotimento di alcuno chiavi fatto da un usciere del palazzo, ed il popolo quietamente si ritirava (1). Allegravano il banchetto le armonie de’ musicali strumenti, e di elettissime voci, e talvolta ancora la recita di drammatici componimenti. Ma ornamento principale n’ erano le convitate dame gentili, splendenti per leggiadria delle forme, per ricchezza e buon gusto degli abbigliamenti, ma soprattutto per quella vivacità naturale che in ogni tempo le distinse. Terminato il banchetto, ve-nivano presentate in nome del principe di apposito panierino di confetture, ornato dello stemma del doge regnante, poi ritirandosi egli alle sue stanze, i nobili ospiti accommiatava con benevole parole. Nel giorno dell’ Ascensione venivano banchettati altresì in altra sala i principali maestri e lavoranti del-l’Arsenale in numero di cento, disposti in dieci tavole, ai quali il doge inviava fiaschi di moscato greco, una scatola di confetture col suo stemma, ed un’ altra piena di droghe (costume derivato dai tempi in cui i Veneziani facevano di esse vivissimo commercio, anzi presso che esclusivo), aggiungendovi anche una moneta d’argento. Altro bizzarro costume era quello di permettere ai convitati di asportar seco bicchieri, piatti, tovaglioli e posate, ond’ era per essi una vera festa, la quale sempre più (1) Giustina Michiel, t. I, 205.