105 i quali esercitando la mercatura, accumularono somme considerabili di denaro a beneficio della patria e dei posteri. Molti ne trovo ascritti alla camera del purgo, altri ne’ secoli pr ;cedenti nell’ officio della seta, come ne fanno fede i pubblici loro registri. Ne vedo varii, proprietarii di gaiioni ed altri diversi bastimenti, aver intrapreso lunghissime navigazioni, sostenuto consolati, incamminato ed esercitato personalmente il più ricco traffico. Tanti insomma trovo essere stati un tempo i più doviziosi mercanti, quanti i nobiluomini amministratori delle pubbliche cose. Da ciò e non da altro certamente è derivata la grandezza della nazione. Rallegra l’animo d’ ogni cittadino amante della sua patria 1’ udir le parole del celebre doge Tommaso Moce-nigo nel suo testamento dell’ anno 1434. « In questa nostra città (die’ egli) si trovano mille » navigli d’anfore cento a duecento, ed hanno marineri » diecisette mila. Trovansi trecento navi che hanno ot-» tornila marineri, ogn’ anno navigan tra sottili e grosse » quarantacinque galere che hanno undici mila marineri ; » vi sono marangoni da nave tre mila, calafai tremila. » Trovansi testori da panni di seta tremila, da fustagni » sedici mila. Le case sono stimate sette milioni e cin-» quanta mila ducati. Li affitti sono per ducati cinquanta » mila. Trovansi mille gentiluomini che hanno rendita » da settanta sino quattrocento ducati al mese ». Ed è noto che in allora il valore della moneta era maggiore dieci volte di più del presente. Tal era la grandezza de’ nostri maggiori, che da sè stessi esercitavano il commercio senza che ne avessero parte i forastieri, i quali erano trattati in differente modo da quel che erano i sudditi nostri, come comparisce da tante provvide leggi e decreti. Vol. IX 14