106 Non resta però che ad onta delle lunghe guerre del Turco, le quali ci fecero per molto tempo perder le tracce di massime si salutari, non si siano particolarmente tra nobili nostri risvegliate di tempo in tempo simili idee. Nel secolo decorso (1666) s’immaginò di stabilire una compagnia di Commercio sotto gli auspicii pubblici e col fondo di due milioni, nella quale vedesi sottoscritto per primo il Serenissimo doge Domenico Contarmi ed un numero considerabile di procuratori di san Marco, di senatori, di cittadini e di molti ricchi particolari d’ ogni ordine di persone ; ma o sia che per le viste, gelosie ed interessi degl’ individui non abbiasi potuto realizzare il piano dei contamenti, o sia sopra tutto che i principali direttori insistessero per alcuni capitoli troppo efficaci sulla giustizia commutativa e criminale della Compagnia, come comparisce dalla lettura delle carte relative a tal affare, in fatto non vedesi che l’intrapresa abbia avuto 1’ effetto. In questo secolo ancora, si tentò nuovamente il progetto della nota Compagnia del nuovo Commercio, ma essa abbenchè incamminata e protetta dal Decreto del-1’ eccellentissimo Senato 16 febbraio e dall’ approvazione del Serenissimo Maggior Consiglio di una parte dei proposti capitoli, non ebbe però felice riuscita ; prova evidente, che a procurar la risorsa dello Stato non basta una semplice società, la qual forse non si adatta al genio libero della nazione e non può sussistere senza l’appoggio di formali stabilimenti. Assicurato. adunque con questo Proclama in modo solenne e pubblico il corpo nobile e civile della città e dello Stato, io non prometto, ma spero, e vi è gran ragione di persuadersi, che si desti una volta dal letargo, in cui si trova immerso io spirito nazionale, e che dai