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stituirglieli poi assai spesso indeboliti fisicamente, e moralmente corrotti dalle carceri ».
    Si vede dunque che il bisogno del miglioramento e della riforma delle carceri era vivamente sentito e propugnato dai giuristi veneziani fino dal secolo scorso, e le loro benefiche idee e quelle provvidenze che tanti recenti scrittori di legge e di economia politica hanno con tanto ardore di carità invocate, sono pur troppo ancora ben lungi dal vedersi introdotte in tutti gli Stati europei.
    Nè si mostra il Barbaro meno infervorato per la pubblicità dei giudizii, pubblicità che del resto a Venezia esisteva fino dal secolo XIII. « Sieno dunque, egli scrive, e pér la ragione e per lo spirito delle leggi e por l’interesse del giudice pubblici e solenni i criminali giudizii. E’ pubblico il delitto, è pubblica la conseguenza del delitto medesimo, è pubblica la veste d’infamia imposta all’accusato, è pubblico il castigo e 1’ esempio, perchè non dovrà essere pubblico il giudizio (1) ? »
    Rare volea fossero le pene di morte: « Si allontani l’uomo dalla vista e dall’ assuefazione allo spettacolo ributtante dello spargere l’umano sangue. Educhiamolo, rendiamolo tenero, dolce, compassionevole, perchè senta ribrezzo alla sola idea, non che alla vista della morte d’ un suo simile, tacciamo in maniera che o non mai, o rade volte ne abbia la tragedia sotto gli occhi».
    Ma questa società in cui l’uomo civile è posto, le sue leggi, i suoi bisogni, l’ineguaglianza che ne deriva negli uomini, è essa veramente un benefizio ? Abbiamo noi molto a lodarcene, o sarebbe a preferirsi la vita del
     (1) Nel qual proposito così si esprime lo Statuto Veneto 21 settembre 1624: « Le quali azioni (procedure) tutte sieno sempre fatte a porte aperte a terror dei rei, ad esempio d’ altri, a soddisfazione dei buoni che conoscono la retta giustizia che si fa indifferentemente a tutti >.
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