3o7 nome d’amico mio, se amicizia può dirsi un sentimento misto d’ammirazione, di venerazione, d’amore e, il dirò pure, di bella invidia. Ma per venire più particolarmente alla tragedia del Marino Faliero, come azione drammatica, cioè per quanto concerne alla favola, ai caratteri ed al dialogo, il componimento non sosterrebbe forse un esame severo, se pur tal esame si conviene a tai pruove. Diremo per tanto che l’azione fu più tocca e abbozzata che non condotta e compiuta. In una scena sola s’introduce e si conchiude tra Marino e Bertucci il trattato della congiura, senza che prima se ne sia pur fatto cenno. La congiura stessa è scoperta al quart’atto, senza che se ne conosca nè il motivo nè il modo; Alvise, l’amante d’Angiola, n’è già al fatto, nè se ne conosce il come o il perchè. Il poeta che ne abbracciò a prima giunta tutta 1’ estensione non potè nella foga del momento tutte connetterne insieme le varie parti e ne uscirono alcuni vuoti cui però era agevole all’ingegno dell’uditore il supplire, e di cui forse il poeta potrebbe a sua scusa ad-dur più d’un esempio anche da’classici autori. Felice per Io contrario fu l’invenzione, o meglio l’introduzione di quella Bianca, ancella di Angiola e amante di Steno, la quale non riuscendo per mezzo della sua donna a placare l'i-