507 fuorusciti, tornava sull’ asilo accordato per due anni al re di Lilla, dicendo che solo il timore avea indotto finalmente la Repubblica ad espellerlo, che avea commissione dal Direttorio di abbruciar Verona, e eh’ egli si proponeva di ciò fare quella notte, avendo già a quella parte diretto il generale Massena con una colonna di truppe e artiglieria; >che avea ordine di dichiarare la guerra a tutt’ i principi italiani, al primo segno che dessero d’inclinazione agli Austriaci ; che avea, già scritto a Parigi e attendeva risposta per romper guerra al Senato, e correre sui dominii veneti ; che Peschiera era sua perchè conquistata sugli Austriaci ; che i delitti infine del governo veneto erano ben altra cosa, e ben altramente importante che i piccoli danni recati dalle truppe francesi nel loro passaggio. Invano richiamavasi il Foscarini nelle sue discolpe, alla sempre osservata imparzialità, alle spiegazioni già date a Parigi, al manifesto di Bonaparte stesso da Brescia, e all’ occupazione da lui fatta di quella città e di Crema ; invano ricordava i sacrosanti principii di ragione, di diritto e di equità ; invocava il confronto delle epoche in cui erano avvenuti quei fatti. Il generale tornava sempre sul dire « non giudico le intenzioni, ubbidisco ai comandi che ho ricevuti, segno le massime della guerra, riconosco i fatti, e questi devono decidermi. Peschiera non si è voluta presidiarla con due mila uomini ; si è dato asilo al pretendente, e solo fu espulso, quando mosso il Senato da timore di sinistri. Furono accordati e tollerati i passaggi, non si è fatto uso delle galem per impedirli sul mare, non si è giustificata la supposta innocente condotta nel fatto di Peschiera dichiarando la guerra all’ Imperatore ». Insolente, incomportabile linguaggio era questo, poiché Bonaparte ben sapeva, che dal momento che la Repub- /