38 copiose bandiere, sulle cui prore stava schierato in ordine militare un drappello di sodati dalmati in vestito da parata, ed una banda musicale che faceva echeggiar 1’ aria de’ suoi armonici suoni. Succedevano altri dodici legni, tra galeazze, brigantini, sciabecchi e feluche variamente dipinti ed ornati, con altri Dalmati ed altre musicali bande ; venivano poscia le peote delle varie Comunità del dogado coi loro stendardi coperti di drappi di seta, ornate ai bordi di drappelloni, con frangie d’ oro e d’argento, e con le loro civiche musiche ; infinito era il numero delle altre barche, delle gondole, dei battelli, che seguivano la solenne comitiva, fregiate di fiori, di fronde, con remiganti in bizzarre foggie vestiti. Lo spettacolo unico, sublime, eccitava ogni volta l’entusiasmo del popolo che con alte grida e batter di palme plaudiva, e facevasi sempre più entusiasta del suo governo, tanto che, come affermano contemporanei, parecchi furono veduti commossi alle lagrime allorché alzavasi al cielo quella toccante preghiera : « Difendi, o Signore, da ogni avversità questa nostra Repubblica ». Giunto il doge fra le continue salve d’ artiglieria dei circostanti navigli a santo Andrea del Lido, al così detto Faro di pietra, o gran masso, a cui si assicuravano con grosse gomene i bastimenti, compiva la cerimonia dell’ anello, e cento tiri di cannone e migliaia di evviva suggellavano l’ augusto rito. Poi il doge assisteva alla messa pontificale nella chiesa dei monaci Benedettini, ricevuto alla gradinata dall’ abate e dai monaci, mentre nel vasto verdeggiante piano che si estende dalla chiesa fino alla sponda del mare spesseggiavano le tende e le baracche di vivandieri e di venditori d’ ogni sorta di commestibili, e vasto campo aprivasi al sollazzarsi e al folleggiare del popolo. Riducevasi poi il doge collo stesso accompagnamento al palazzo, e men-