98 re, se la nostra navigazione, ridotta però a miglior disciplina, fosse sostenuta da uomini della nazione, veri commercianti, forniti di capitali proprii, industriosi, intraprendenti e fondati nelle opportune cognizioni, delle quali certamente manca la maggior parte de’ rozzi nostri navigatori, e se inoltre vi fosse un fondo abbondante di nazionali prodotti e di perfette manifatture della Dominante e dello Stato, nel qual caso, oltre il maggior utile, che essa saria per ritrarne, forse conseguirebbe anche nel concorso di altre nazioni quell’ impiego che non può certo sperarsi da bastimenti mal provveduti, abbandonati alla sorte o appoggiati all’ arbitrio e all’ imperizia di capitani privi delle necessarie corrispondenze, e di quella radicata fede, che è la base principale del commercio. Fatti questi riverenti cenni sui rapporti del commercio con la nostra navigazione, non posso dispensarmi di rifletter anche sulle circostanze, che il nostro commercio presentemente accompagnano. Il gran bisogno che in parte abbiamo ed in parte vogliamo avere degli altrui prodotti e delle altrui manifatture, fa sospettare con grande ragione che il nostro commercio in pieno propenda al passivo, vale a dire, che sia molta più la specie eh’ esce di quella ch’entra nello Stato, giacché per quanto attentamente esamini la qualità e la quantità delle nostre spedizioni in esteri Stati, non so vedervi quella importanza, che adequatamele compensi la parte passiva. La sapienza dell’ eccellentissimo Senato bilanciere le mie osservazioni. Nel circolo del confine si fanno pochissime spedizioni, e ciò vien dimostrato ad evidenza dalle bollette del dazio d’ uscita. Ne’ Stati pontificii il 15 per cento esclude tutt’ i generi venienti dal Levante e dal Ponente.