40 mento ordinate, e nella notte illuminate da lampade di cristallo. Da ciascheduno dei lati sorgevano spaziose caffetterie provvedute d’ ogni sorta di rinfreschi, mentre la vaghezza del locale, lo splendore dell’ illuminazione, la folla di leggiadre donne e di uomini o passeggianti o seduti, la calca del popolo nel mezzo, offrivano uno spettacolo vario, bizzarro, seducente, reso vieppiù brillante dalla quantità delle maschere nel solito tabarro e bauta permesse all’ occasione della fiera. Durava fino all’ ora del teatro il passeggio elegante, poi rinnova vasi, e tutt’ i quindici giorni della fiera era per Venezia un secondo carnovale, correndovi a migliaia i forestieri, quali per oggetto di commercio, quali per devozione a ricevervi le indulgenze nella chiesa di san Marco, quali, od erano i più, per semplice divertimento. Tra le feste storico-politiche, singolarissima era quella del giovedì grasso, per la vittoria riportata sul Patriarca di Aquiieja, sotto il doge Vital Michiel II, nel 1170, festa die sebbene non presentasse che triviali spettacoli, appunto perchè ricordavano la rozzezza dei primi tempi, e pei giuochi nazionali, che vi si eseguivano, avea un’ indole particolare. Erigevansi nella piazza parecchie logge di legno dipinte a fìnto marmò, molto bene ornate, disposte innanzi al ducale palazzo, e-nelle quali sedevano il doge, i consiglieri, i capi della Quarantia criminale, i capi dol Consiglio dei Dieci, gli Avogadori, i Censori e gli ambasciato ri delle estere corti. Tutte le gallerie e le finestre del ducalo palazzo, della libreria o della zecca, erano piene di spettatori, mentre altri si affollavano sulle gradinate erette dagl’ imprenditori, mettendone a prezzo i sedili, ed il resto della turba immensa del popolo stava accalcato nella Piazzetta. Sorgeva nel mezzo un edificio, detto la Macchina, costrutto di colonnati ed