APPENDICE a pag. 45. Celebre, e a ragione, era il carnovale di Venezia. Era quello il tempo delle follie, e tutte le follie divenivano perdonabili; maschere di tutte le forme, di tutte le foggie, purché non ad insulto della religione e dei governi ; sole, in gruppi, in numerose compagnie ; gridi ed urli frammisti a discorsi di loquaci avvocati, a celie, a motti ed arguzie ; saltimbanchi, pulcinelli, marionette, balli, tutto quanto di più strano poteva escogitare una stravolta imaginazione, componevano una scena unica, e che avea l’apparenza d’una parodia dell’umano intelletto. Eppure, cosa veramente ammirabile, in mezzo a tanta calca, a tanto disordine, non un insulto ad una maschera, non un furto, nè una offesa. Ma al suonar de’ mattutini del dì delle Ceneri, tutto cambiava aspetto, gettavansi le faci, tacevano gli strumenti, allo ^trepito succedeva cupo silenzio, la folla si diradava, recandosi ciascuno alla propria casa a cercarvi alfine quel riposo di cui da tanto tempo mancava. Succedeva la quaresima, coi suoi riti, ma non cessavano gli spettacoli, solo che a’ profani i sacri si surrogavano, nelle visite ai Perdoni a s. Pietro di Castello, che davano motivo a grande concorso in quella parte della città, nella frequenza ai sacri Oratorii, nei concerti vocali ed istrumentali. Nelle domeniche, ricordo ancora dell’ antica vita domestica, patriarcale, si distribuivano nelle case particolari ai parenti ed agli amici le frittelle. A queste feste, ecc. Vol. IX. 7